Buone prospettive per il retail made in Italy all’estero per l’anno in corso: 390 aperture e 128 chiusure, per un saldo netto di 262 nuovi punti vendita nel mondo. Queste le ultime rilevazioni del Centro studi retail Confimprese sull’internazionalizzazione delle aziende italiane e sui piani di sviluppo stimati per l’anno in corso.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il non food è in testa con 292 aperture previste all’estero. Soggetti a misure meno restrittive nel corso della pandemia, i settori che meglio promettono sono immobiliare, make-up, cura della persona e arredo casa. Molto distanziati seguono abbigliamento e accessori (54 aperture previste) e ristorazione (44 aperture previste).

Mario Resca, presidente Confimprese, sottolinea la necessità del retail di proseguire a sviluppare reti distributive per conquistare quote di mercato in Paesi come il Sud-est asiatico e il Nord America. Inoltre, riconosce i meriti dei prestiti Sace del 2020 e invita a puntare su digitale e sostenibilità per rispondere alle nuove generazioni di consumatori globali.

In quanto ai Paesi target, non sorprende che i mercati più appetibili siano quelli Asia, Arabia Saudita e Oman, dove l’emergenza sanitaria ha colpito prima o meno intensamente, oppure dove si è reagito più rapidamente.

Il non food mira sia a territori extraeuropei, come Israele e Russia, sia alle vicine Spagna, Francia, Germania, Svizzera. In testa troviamo cura della persona, arredo casa e immobiliare. Abbigliamento e accessori fanno leva sul fascino del Made in Italy che domina Arabia Saudita, Russia, Egitto, Azerbaijan e Marocco. La ristorazione, invece, rimane in territorio europeo, puntando su Paesi come la Francia, con un’attenzione alimentare simile alla nostra. Buone prospettive si profilano anche negli Stati Uniti, mentre l’Oriente sembra escluso dagli obiettivi del food & beverage italiano.